'Investire in start up è quasi come sposarsi'

'Investire in start up è quasi come sposarsi'

Francesco Mantegazzini: "Quando conosci una start up se non ci investi subito non è detto che non ci investirai poi più tardi. Ci vuole un periodo di fidanzamento prima e non è detto che funzioni, però insomma per ridurre il rischio bisogna conoscersi"

Ascoli - Se fossi uno psicoterapeuta, tra i consigli che darei a tutti i cassintegrati, ai lavoratori delle liste di mobilità, ci sarebbe anche quello di frequentare uno “startup week end” come quello che per tre giorni si sta svolgendo presso la Cartiera Papale ad Ascoli Piceno e si chiama “Speed AP 2014”.

Immergersi in un'atmosfera di fermento, come quella creata dalle idee innovative di giovani che intendono misurarsi con il fare impresa, è di certo un ricostituente della fiducia che in molti hanno smarrito con la perdita di un posto di lavoro.

Un approccio al tema che non vuol essere superficiale con chi vive uno stato di disagio. Si vuole solo sottolineare come ascoltando idee che si susseguono nel imperativo ritmo del minuto dopo minuto, di fronte ad un manipolo di investitori che per vocazione e business scommettono sulle start up e sui giovani talenti, ti sembra di scordare quel veleno quotidiano che ti instillano con rapporti apocalittici tra deficit e pil o spread e mercati.

Pare di essere di fronte ad un grande recipiente che contiene “brodo primordiale” pronto a far emergere concetti risolutivi sul coniugare energia, tecnologia, design e ricerca e che, per un magico incanto, hanno il potere di trasformarsi in qualcosa di fisico che produce ricchezza in modo sostenibile.

E scopri che la contaminazione dell'innovazione ti fa addirittura cambiare professione dopo aver affrontato studi di giurisprudenza e ti fa reinventare uomo o donna di marketing. Un'attrazione fatale che ti trascina dove non ti saresti mai aspettato di arrivare quando ti sei iscritto all'università: così invece della toga ti catapultano in pieno deserto, magari a creare ospedali dove non esiste energia.

Nessuna retorica o fantasia. E' l'esempio che T°Red ha concretizzato con e-QBO (architettura contemporanea e modulare, autonoma dal punto di vista energetico, con una forte componente in design e tecnologia).
Hanno già venduto due unità per 200 mila euro e stanno cercando investitori per affrontare il mercato dell'affitto di questi moduli oltre che della loro vendita.

Di esempi ce ne sono moti altri.
Da dire che “Speed AP 2014” (http://www.yestartup.it/speed-dating/ e https://www.facebook.com/events/334319243401936/?ref=51&source=1 ) tra i progetti selezionati per la presentazione di questi giorni ne ha individuati e premiati tre: “Biomed food” che vince 1 tour di una settimana in visita alle aziende della Silicon Valley, “Mood” di Ismaele Capriotti che ha vinto 3 mesi di Incubazione in HUB 21, e “Lilliput”, il team potrà beneficiare di un master Startup Lab presso l'ISTAO.

Oggi gli startuppers hanno lavorato sodo, i team si sono confrontati e stasera ci sarà una nuova sessione di “Elevator pitch” (L'Elevator pitch è il discorso che un imprenditore farebbe ad un investitore se si trovasse per caso con lui in ascensore per attrarlo ad investire nel suo progetto, quindi giusto il tempo per salire al piano scelto).

Ieri erano presenti alla Cartiera Papale 13 investitori o business angel che hanno posto molte domande ai giovani che hanno presentato idee. Ne abbiamo intervistato uno, Francesco Mantegazzini, creatore di Expo delle startup giunto alla terza edizione. Un business angel che investe in start up sia direttamente che come partner del più grosso gruppo di business angels in Italia (Italian Angels for Growth).

Ci racconta un esempio d'investimento in start up virtuose?

Un esempio di investimento è quello su Restopolis, che è uno dei principali servizi di booking di ristoranti in Italia, ha un percorso particolare – dice Mantegazzini - La prima volta che mi è arrivato il business plan, tre anni fa al gruppo di angels di cui faccio parte, l'ho bocciato perché secondo me non stava in piedi.
Poi li ho rincontrati dopo un anno e mezzo e l'avevano cambiato. Ho iniziato a ricollaborarci. Allora ero il capo del business plan de Il Sole24Ore, ci avevo fatto un accordo per spingere i servizi. Non siamo però riusciti ad andare avanti per quella strada.
Ci siamo persi di vista per qualche mese, poi mi hanno richiamato. Alla fine ci ho investito io direttamente, poi sono entrati altri 30 soci.
Ci è voluto qualche anno poi il servizio ha cominciato a funzionare perché gli italiani, tutti con lo smartphone, hanno iniziato a dare servizi e quello fu il caso classico: quando conosci una start up se non ci investi subito non è detto che non ci investirai poi più tardi. Investire in una start up è quasi come sposarsi.
Ci vuole un periodo di fidanzamento prima e non è detto che funzioni, però insomma per ridurre il rischio bisogna conoscersi
”.

I progetto più interessanti di ieri sera?

Direi tutti abbastanza interessanti anche se a diverso livello di sviluppo, hanno fatto un bell'assortimento – dice Francesco Mantegazzini - perché si partiva da Lilliput, che era in fase embrionale, allo spin off universitario Biomedfood, a Spotlime che è già avanzato, ha già 2 milioni di euro di valutazione. Però, ad esempio, un caso particolare è Scratch&Screen, che io ho avuto ospite alla fiera delle start up negli ultimi due anni. Avevamo buone relazioni poi ieri hanno fatto alcune modifiche su come fanno il servizio e credo che glielo farò sperimentare in due delle start up di cui sono socio a Milano che hanno posti fisici e con i quali possiamo provare sia il modello legato all'acquisizione dei dati degli utenti che quello di sviluppo commerciale. Altro fattore importante è la tenacia delle start up, il fatto di credere nel proprio progetto”.

Gli investitori presenti:

Enrico  Aprico, Francesco Baruffi, Daniele Fiori, Francesco Magagnini, Francesco Mantegazzini, Paolo Meola, Cristina Panara, Luca Popia,  Andrea Risa, Antonello Saccomanno, Gerardo Urti, Roberto Zanco e Alberto Casagrande.