Inaugurata la cripta di S. Emidio

Inaugurata la cripta di S. Emidio

Ascoli - La cripta, dal greco κρύπτω “nascosto”, è una fusione di elementi stilistici e architettonici che caratterizzano Passaggio delle varie epoche; dalle colonne romane ai capitelli longobardi, dai riaffiorati affreschi medievali alle decorazioni settecentesche del Nardini fino ad arrivare alla "contemporanea" decorazione musiva. Nel XVIII sec. con il rifacimento della parte centrale della cripta, le due ali laterali vennero ricoperte da intonaci. Gli archi furono arrotondati e le volte, a scopo “decorativo", furono costolonate seguendo le mode del tempo, che reputavano una pittura danneggiata, semplicemente "vecchia" e non più valida.

La cripta, modificata da pareti aggiunte nel corso dei secoli e “offuscata” dagli intonaci settecenteschi, ridipinti di marrone nel XIX-XX sec. e scuriti a causa del fumo delle torce e dello smog, riacquista oggi, grazie a chi ha avuto fermamente la volontà di riabilitarla, il suo spazio e la sua sacralità. Finalmente scoperta e “svelata”, da luogo cupo e buio è stata riportata alla sua antica luminosità che per più di trecento anni era rimasta nascosta agli occhi di tutti. Svelare, scoprire, stomacare questo luogo ha significato rileggere e rivedere tutta la storia, ritrovarne l'essenza, restituirne l'identità sacra. Gli attenti, scrupolosi ed accurati lavori di restauro hanno evidenziato sulle volte, sotto gli intonaci settecenteschi, diversi livelli di stratificazioni che testimoniano la memoria di uomini la cui forte devozione era stata capace di trasfigurare e cambiare ogni superficie semplicemente dipingendo sulle pareti il proprio credo; il primo strato neutro, sul quale sono state dipinte, stelle rosse e nere ad otto punte e fiori ad otto petali in sequenze ben ordinate, ricoperte poi, nel XIV secolo, da raffigurazioni di Santi.


La struttura delle volte è costituita da una vela a sacco in pietra che poggia su archi a blocchi di travertino. In alcune vele, le lacune dell'intonaco affrescato hanno permesso di osservare la presenza di sinopie (disegni preparatori per la pittura a fresco), realizzate direttamente sullo strato più antico delle stelle. Le sinopie rinvenute mostrano l'utilizzo di diversi colori: rosso, verde, giallo, blu e nero. Si possono decodificare simboli, forme e segni di una vita terrena tesa al bisogno del sentimento cristiano, rappresentato da Angeli, Arcangeli, Serafini e dalla raffinata raffigurazione pittorica della Vergine, di Cristo e dei Santi.

Attorno ad alcune raffigurazioni è stato possibile recuperare iscrizioni dipinte a caratteri gotici; ciò ha permesso di individuarne l'identità. L'alfabeto adoperato in questi "tituli" è il gotico maiuscolo, databile tra il XIII ed il XIV secolo. Gli archi e I sottarchi sono quasi tutti dipinti a secco, sopra lo strato antico delle stelle, tranne gli archi delle due absidi dipinti ad affresco e con raffinate fantasie. Si ripetono motivi geornorfi e fitomorfi, alcuni con caratteristiche uniche. La cripta, aperta ai fedeli, era destinata nel primo medioevo alla conservazione di reliquie sacre, vi erano inumati martiri e Santi e accoglieva i pellegrini in cerca di rifugio. A seguito dell'effettuazione di un sondaggio nel muro della parete nord della cripta, il lato rivolto verso il battistero di San Giovanni, con grande sorpresa, è venuto alla luce un apparato tombale, arricchito di affreschi che si pongono come unici in tutto il contesto iconografico marchigiano. Ritorna attuale, oggi, la monografia della cripta dì Sant'Emidio edita nel 1948 dal Sabatucci, dove sì promulgava e si sottolineava l'importanza storico. artistica e religiosa della cripta di Sant' Emidio definita anche da Luigi Serra tra le più grandi e le più antiche delle Marche. Dichiarata monumento nazionale nel 1880 è sicuramente una tra le più interessanti non solo delle Marche ma molto probabilmente dell'Italia centrale. Già allora, nell'articolo "Per la sistemazione della cripta di Sant' Emidio" nel “Giornale d'Italia” del 12 giugno 1946, si sottolineava l'importanza di restituire al luogo sacro il suo aspetto primitivo, conservando ogni forma di arte e di culto, lasciato nel corso dei secoli.