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Nessuno tocchi il crocifisso, storia di figli e figliastri
Lesposizione dei crocifissi nelle scuole pubbliche disposta con la Legge Lanza del 1857
L'ordinanza che il primo cittadino sta predisponendo indica che il crocifisso venga conservato «a tutti i costi, in tutti gli uffici e scuole della città, provvedendo a dotarne gli ambienti pubblici che ne sono sprovvisti». Sulla stessa linea del sindaco anconetano nei giorni scorsi si sono già mossi i primi cittadini di Scarlino (Grosseto), di Finale Emilia (Modena) e di Galzignano Terme, comune di 4500 abitanti nel Padovano.
Sempre nelle Marche invece è pronta un'ordinanza comunale del sindaco di Loreto, Moreno Pieroni «volta al rispetto della fede di cui la città mariana è l'emblema».
E ad Ascoli? «Auspico che il crocifisso rimanga negli uffici pubblici e nelle scuole, a insegnamento per le giovani generazioni dei veri valori che sono alla base della vita sociale di ogni uomo e di ogni donna» ha detto il sindaco Guido Castelli, in attesa del ricorso del governo italiano.
Ma esiste in Italia una legge che preveda il crocifisso nelle scuole? Se guardiamo alla nostra Costituzione la risposta è no. L’articolo 8 infatti recita: «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge». Allo stesso tempo l’articolo 7 fa riferimento al Concordato dove dice: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi». Indipendenti e sovrani, appunto. Nessun privilegio, nessun diritto esclusivo. Un po’ di storia. In soccorso ci viene Valentina Rosci e la sua "Storia del crocifisso nelle scuole pubbliche italiane": «L’esposizione dei crocifissi nelle scuole pubbliche viene disposta mediante circolare con riferimento alla Legge Lanza del 1857 per la quale l’insegnamento della religione cattolica era fondamento e coronamento dell’istruzione cattolica, posto che quella era la religione di Stato.
L’esposizione del crocifisso negli uffici pubblici in genere, è data con ordinanza ministeriale 11 novembre 1923 n. 250, nelle aule giudiziarie con Circolare del Ministro Rocco, Ministro Grazia e Giustizia, Div. III, del 29 maggio 1926, n. 2134/1867 recante “Collocazione del crocifisso nelle aule di udienza”, che recita: “Prescrivo che nelle aule d’udienza, sopra il banco dei giudici e accanto all’effige di Sua Maestà il Re sia restituito il Crocifisso, secondo la nostra tradizione. Il simbolo venerato sia solenne ammonimento di verità e giustizia. I capi degli uffici giudiziari vorranno prendere accordi con le Amministrazioni Comunali affinché quanto esposto sia eseguito con sollecitudine e con decoro di arte quale si conviene all’altissima funzione della giustizia”.
In materia scolastica si ricordano, le norme regolamentari art. 118 Regio Decreto n. 965 del 1924 (relativamente agli istituti di istruzione media) e allegato C del Regio Decreto n. 1297 del 1928 (relativamente agli istituti di istruzione elementare), che dispongono che ogni aula abbia il crocifisso.
Con circolare n. 367 del 1967, il Ministero dell’Istruzione ha inserito nell’elenco dell’arredamento della scuola dell’obbligo anche i crocifissi.
Nei Patti Lateranensi e successivamente nelle modifiche apportate al Concordato con l’Accordo ratificato e reso esecutivo con la L. 25 marzo 1985 n.121[1], nulla viene stabilito relativamente all’esposizione del crocifisso nelle scuole o, più in generale negli uffici pubblici, nelle aule del tribunale e negli altri luoghi nei quali il crocefisso trova ad essere esposto».
Arriviamo ad oggi. Qualche giorno fa la Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo dichiara che il crocefisso appeso nelle aule rappresenterebbe una violazione della libertà per i genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni e anche una violazione della libertà stessa. La sentenza è stata emessa in seguito al ricorso presentato da Soile Lautsi Albertin, cittadina italiana originaria della Finlandia.
Il governo italiano parte alla riscossa. Il ministro della difesa La Russa getta benzina sul fuoco: «Possono morire – urla intervistato durante il programma di Rai 1 “La vita in diretta” - Possono morire, loro e quei finti organismi internazionali che non contano nulla. Ma noi il crocifisso non lo toglieremo». Il neo segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, da parte sua commenta: «Penso che su questioni delicate qualche volta il buon senso finisce di essere vittima del diritto. Antiche tradizioni come quella del crocifisso non possono essere offensive per nessuno».
Così un simbolo diventa l’occasione di scontro. Non è la prima volta. Di fondo però emerge una difficoltà in Italia ad avere un atteggiamento positivo nei confronti della laicità e di ogni altra religione diversa dal cristianesimo. E allora c’è voluto un giudice straniero a ricordarci come non possano esserci primi della classe.