Evasione fiscale, sequestrati 9 immobili ad Ascoli e San Benedetto

Evasione fiscale, sequestrati 9 immobili ad Ascoli e San Benedetto

Otto nel centro storico ascolano e a piazza Arringo

In attuazione del cosiddetto “sequestro per equivalente” previsto per le violazioni fiscali, gli immobili del valore di 1.599.000 euro sono stati sottoposti a sequestro per l’evasione accertata dagli stessi finanzieri nel corso delle attività di P.G. delegate dalla Procura della Repubblica di Ascoli Piceno relativamente ai lavori di costruzione, adeguamento e potenziamento degli impianti di depurazione e trattamento acque e reti fognarie, realizzati dopo l’aggiudicazione dell’appalto pubblico indetto dal Piceno Consind a beneficio dell’A.T.I. Picena Depur.
In particolare, gli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria di Ascoli Piceno, nel periodo ottobre 2010-aprile 2011, hanno accertato che l’imprenditore ascolano, titolare di una ditta individuale, con il concorso della coniuge e del consulente fiscale, ha evaso Irpef per 1.602.879 euro nell’anno d’imposta 2008, omettendo di dichiarare un reddito imponibile pari a 3.727.626 euro, relativo ai lavori edili eseguiti nell’ambito del citato appalto pubblico.
L’illecito intento evasivo è stato attuato mediante il conferimento, alla fine del 2007, del ramo d’azienda di “Esecuzione lavori di manutenzione e costruzione edili” della ditta individuale a una società di persone costituita dagli stessi coniugi, la quale, dopo appena otto mesi di vita, si è sciolta.
Il conferimento è consistito nel trasferimento dei valori attivi e passivi della ditta individuale, comprendenti il reddito di € 3.727.626 conseguito dall’imprenditore a seguito dei lavori svolti per il Piceno Consind, ma in realtà l’operazione traslativa è stata realizzata al solo fine di raggiungere un indebito arricchimento a scapito dell’Erario. Infatti, sono stati trasferiti soltanto i valori contabili per le opere  già realizzate (6.370.140 di ricavi e  2.642.514 di costi), mentre i beni strumentali assegnati per l’esercizio d’impresa (pari a soli € 12.000) non costituivano un sufficiente complesso organizzato, inidoneo – dunque – a configurare un ramo d’azienda potenzialmente operativo, oggetto del preteso conferimento.
Inoltre, la neo costituita società tra i coniugi, ricevuti i valori contabili nell’anno 2008, si è sciolta senza indicare alcun reddito nella relativa dichiarazione fiscale con la motivazione: “Non è più in grado di conseguire l’oggetto sociale a causa di dissidi insanabili tra i soci” (cioè marito e moglie), omettendo di attuare la procedura di liquidazione prevista dal codice civile.
Le indagini di natura penale e tributaria non si possono ritenere ancora concluse e, quindi, continueranno a essere sviluppate secondo le indicazioni impartite al riguardo dal Procuratore Capo della Repubblica di Ascoli Piceno, Michele Renzo.