Partiamo dal punto base: per quanto lodevoli e capaci di attrarre tante associazioni – anche le più lontane per sensibilità – il tema del degrado non può essere affrontato con successo senza l’impegno diretto dell’Amministrazione.
A nulla vale, infatti, mettere a disposizione di donne e uomini di “buona volontà” secchi, vernice, rulli, per un impegno dall’alto valore simbolico che però si esaurisce nell’arco di 24 ore, passate le quali si torna alla “calma piatta”.
Che dei privati cittadini debbano svolgere in modo “straordinario” ciò che dovrebbe essere “ordinaria amministrazione”, testimonia l’assoluta confusione dell’amministrazione rispetto al degrado cittadino e alle politiche atte a contrastarlo.
Detto questo, proviamo noi a suggerire alcune opzioni. La prima senz’altro è quella della prevenzione: la meno costosa tra le politiche sociali, è anche quella con i risultati migliori nel medio-lungo periodo.
Cominciare è semplice: come Giovani Democratici abbiamo dato vita a un’iniziativa sperimentale – ben riuscita e che riproporremo –, dal titolo Move Ap, volta proprio alla sensibilizzazione della cittadinanza sui temi del degrado, associando al degrado “fisico” e “visibile” di alcuni tra i luoghi più caratteristici del Centro Storico altri caratteri di degrado culturale, economico, sociale, della realtà ascolana.
Il ruolo forte nella prevenzione, tuttavia, lo gioca la formazione: è necessario che, a partire già dal prossimo anno scolastico, l’amministrazione avvii dei progetti formativi all’interno delle scuole, in particolare elementari e medie, per educare i piccoli ascolani, classe dirigente del domani, alla cura di Ascoli e della sua bellezza, al rispetto e all’amore per il suo patrimonio artistico e architettonico, alla civile convivenza tra gli uomini e ciò che li circonda. Questi progetti potranno sicuramente avvalersi delle capacità delle associazioni che si sono già impegnate e che, coordinate dal Comune, saranno certamente in grado di “mettersi in rete” e di collaborare mantenendo ognuna la propria specificità.
Le responsabilità di un’amministrazione non terminano qui: innanzitutto, andrebbe una volta per tutte “istituzionalizzata” la differenza tra chi imbratta e i writers, artisti di una nuova capacità espressiva che purtroppo non hanno spazio in questa città – a differenza di quanto succede in molte altre città di Italia e d’Europa – per manifestare il proprio talento. Le zone in periferia sono piene di anonimi muri grigi e rotatorie che, affidati alle giuste bombolette, potrebbero trasformarsi in “piccole” opere d’arte.
Ma la vera sfida di un’amministrazione, a tutt’oggi fallimentare nel caso di Ascoli, è assicurarsi che, una volta riqualificati, gli spazi pubblici vengano mantenuti in modo dignitoso e in ordine, come nel caso di Piazza San Tommaso e che non vengano nuovamente dequalificati da interventi deturpanti, come nei tristi casi dell’ascensore di Porta Tufilla e della sede del sestiere di Porta Solestà.
Infine, ci preme ricordare che per non condannare un luogo pubblico all’abbandono e all’attacco di azioni degradanti basterebbe renderlo abitabile, fruibile, e quindi animato da chi quel posto lo sente proprio e ne ha cura: gli spazi pubblici, infatti, vanno dedicati alla socialità delle persone e al bene della collettività, sono includenti per definizione, e non devono mai rispondere ad azioni volte a favorire qualcuno escludendo gli altri.