Giochi su Internet? Rien ne va plus

Giochi su Internet? Rien ne va plus

Le sanzioni amministrative vanno dai 30 mila ai 180 mila euro per ciascuna violazione accertata

 

La notizia: il 13 febbraio 2006 l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) attua per decreto una disposizione della legge n. 266 del 2005 (la finanziaria 2006 del governo Berlusconi per intendersi) in materia di offerta di giochi per via telematica. Il decreto impone ai fornitori di accesso ad Internet di inibire entro le 00:00 del 24 febbraio l'accesso ad una lista di siti che sono privi delle autorizzazioni necessarie per operare la raccolta di giochi in Italia.

 

Circa 500 i siti all'indice che sono rintracciabili sulle pagine dell'AAMS.

 

Le sanzioni amministrative vanno dai 30mila ai 180mila euro per ciascuna violazione accertata.

 

In Italia le scommesse sportive possono essere effettuate solo presso i soggetti indicati dal monopolio diversamente si produrrebbe un mancato introito erariale per lo Stato. E perciò dato che il contrastare l'offerta di gioco illegale e non autorizzato è "obiettivo prioritario" del Governo ecco il sorgere di miopi, alquanto inadeguati e oserei definire sciocchi provvedimenti.

 

È fatto ormai consolidato la non ingerenza delle sovranità nazionali nel governo di Internet e tutti i tentativi di senso contrario sono immancabilmente falliti.

 

Risale appena alla fine del 2004 una proposta di Houlin Zhao direttore dell'ITU-T (International Telecommunication Union - Telecommunication Standardization Sector) di riservare alle autorità statali autonomia nell’assegnazione delle risorse numeriche di Internet contro la quale si sollevò un movimento trasversale di protesta guidato da Paul Wilson presidente del consiglio esecutivo di NRO (Number Resource Organization) che rivendicava il ruolo dei RIR (Regional Internet Registries come RIPE) nell'assegnare e gestire tali risorse.

 

 

Le argomentazioni che NRO addusse in nome dei propri membri (i cinque RIR: RIPE, ARIN, APNIC, LACNIC, AFRINIC) sono valide oggi a poco più di un anno di distanza e cioè:

 

·         la coniugazione degli interessi pubblici e privati nel governo delle risorse di Internet sin dall'inizio degli anni Novanta che i RIR hanno con successo operato;

·         la creazione di processi di formazione dei regolamenti (policy) che prevedono la partecipazione attiva di enti pubblici e privati così come di singoli cittadini;

·         l'acquisita esperienza specifica e approfondita nella gestione di tutte le problematiche connesse alle risorse di Internet declinata secondo i casi tecnici e accademici;

·         la produzione e manutenzione di una mole di documenti ampiamente commentati da qualsiasi soggetto che costituisce la storia della Rete e che contiene tutti i "perché internet oggi è cosi’".

 

E in questa stessa direzione si avvia l'IGF (The Internet Governance Forum) indetto dal Segretario Generale delle Nazioni Unite in obbedienza alla richiesta del WSIS (World Summit on the Information Society) tenutosi a Tunisi nel novembre 2005 (presenti anche i rappresentanti del nostro Governo) con lo scopo di iniziare un processo di dialogo nello sviluppo di criteri per governare Internet.

 

Proprio qualche giorno fa quando l'AAMS si affannava a dettare e precisare le regole che gli ISP dovranno osservare in Italia per limitare la libertà degli utenti dirottando in un buco nero tutte le loro richieste verso i siti di scommesse on-line, l'IGF teneva consultazioni a Ginevra (16-17 febbraio) su temi chiave quail:

 

·         posta indesiderata

·         multilinguismo

·         crimine telematico

·         sicurezza telematica

·         privacy e protezione dei dati

·         libertà di espressione e diritti umani

·         costi di interconnessione internazionale

·         annullamento della disparità tecnologica: accesso e regole

·         annullamento della disparità tecnologica: finanziamento

·         regole in materia di commercio elettronico, business telematico e difesa del consumatore.

 

Lo scopo evidente è di scrivere con il più ampio consenso regole erga omnes ma prima ancora rintracciare uno spirito comune nel percepire la grandezza di un mezzo che nel bene e nel male è rimasto l'unico mondo (seppure virtuale) veramente libero.

 

La costruzione di un comune sentire va ovviamente al di là dei confini nazionali: difatti risulterebbe alquanto difficoltoso apporre delle "chiuse" ai cavi di collegamento internazionale sul punto in cui attraversano i valichi alpini o nel passaggio dalle acque territoriali allo spazio internazionale nell'incubo di far rispondere a tutti i dati in transito la fatidica domanda della dogana: "Qualcosa da dichiarare?"; oppure far apparire a tutti i visitatori dei siti italiani al momento del transito del confine un manifesto con tutte le regole fuori standard che si applicherebbero nel nostro Paese.

 

Folle e per di più illegittimo esattamente come l'impedire che un cittadino comunitario possa effettuare liberamente un concorso per un posto di lavoro in Italia o come l'impedire che un nostro concittadino possa acquistare il biglietto della lotteria nazionale spagnola o obbligarlo a dichiarare in Italia una vincita di qualche euro al gratta e vinci fatta durante una vacanza all'estero. O ancora impedire che un cittadino inglese in Italia durante i prossimi mondiali di calcio possa scommettere on-line sul risultato della propria nazionale sul sito di una società del proprio Paese della quale si fida e della quale è assiduo frequentatore solo perché non risulta tra i concessionari pubblicati sul sito dei monopoli italiani.

 

Così lampante che nessuno sembra avere il coraggio di gridare che "Il re è nudo".

 

Non occorreva certo l'ausilio dell'assiduo osservatore delle res ætheris per rilevare una palese limitazione di libertà imposta da questo Governo, più consona ai tempi del "cuius regio eius religio" che non alle prospettive europeiste di oggi, a Schengen e Maastricht avvenuti.

 

E infatti i bookmaker, persino quelli italiani, hanno annunciato ricorso alla Commissione Europea.

 

Staremo proprio a vedere quanto durerà.